"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

domenica 4 dicembre 2011

Torino 2011: Day 9

Torino 2011: Day 9

Gli ultimi fuochi del Torino Film Festival vedono ancora le 11 sale cittadine lavorare a pieno regime per proporre i nuovi titoli di Francis Ford Coppola (dopo l'anteprima stampa di ieri), Alexander Payne e Rodrigo Garcia: il percorso giornaliero di questo resoconto è però diverso, focalizzato su opere che corteggiano il lato fantastico, dopo l'abbuffata di realismo degli ultimi giorni. Si inizia con uno dei più controversi film di Robert Altman, quel Popeye che nel 1980 tentava la difficile impresa di portare in Live Action il mitico Braccio di Ferro, grazie a una rosa di attori di straordinaria aderenza ai modelli originali (Robin Williams come Popeye e Shelley Duvall come Olivia). Un musical pop dove domina il tentativo di riprodurre a menadito la comicità slapstick dei corti animati realizzati dai fratelli Fleischer negli anni Trenta, insieme ad alcune caratteristiche tipiche della versione originale del personaggio, così come forgiato dai fumetti di Elzie Crisler Segar: parlata “sgrammaticata”, grande senso dell'onore e una forza che non ha necessariamente bisogno dei celebri spinaci. Il risultato è originalissimo, non del tutto riuscito, e non merita certamente l'embargo che attualmente circonda il film, assente da tantissimo tempo dalle nostre tv e ancora inedito in DVD. Si prosegue con "Festa Mobile" e Intruders, il nuovo horror di Juan Carlos Fresnadillo, già regista di 28 settimane dopo, che racconta le imprese di un “uomo nero” chiamato Hollow Face (Senza Faccia) che dagli armadi perseguita i bambini che ne raccontano le imprese, in un gioco di intrecci fra vite e storie. La confezione è coerente con molto cinema fantastico spagnolo degli ultimi tempi (viene in mente il primo Balaguerò) e rinnova il tema dell'invasione dello spazio domestico già sottolineato nei precedenti giorni. Tuttavia, pur funzionando dal versante prettamente “atmosferico”, il film non abbandona un certo senso di artificiosità, senza contare uno sviluppo molto prevedibile. Infine c'è ancora spazio per la Francia, con Dernière Séance (sempre "Festa Mobile"), di Laurent Achard, che racconta gli ultimi giorni di un cinema dove si proietta French Cancan di Jean Renoir sotto la gestione di un novello Norman Bates, che uccide giovani donne per adornare con i loro orecchi le foto delle dive amate dalla madre. Il modello dichiarato peraltro è anche L'occhio che uccide, di Michael Powell, per il riferimento alla dimensione voyeuristica e al gioco di rispecchiamenti fra realtà e finzione, ma l'insieme, seppur non particolarmente incisivo, è interessante soprattutto come racconto di una fine che ci si ostina a ignorare, un sentimento che ogni appassionato di cinema ha provato almeno una volta di fronte alla chiusura della propria sala preferita. Ed è bello pensare che i sentimenti evocati da un simile film si intreccino a perfezione alla malinconia per una manifestazione giunta al termine anche per quest'anno. Dopo i resoconti giornalieri è tempo del bilancio finale, rimandato però al pezzo conclusivo.

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