"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

domenica 27 novembre 2011

Torino 2011: Day 2

Torino 2011: Day 2

Esattamente dieci anni fa, nel 2001, uno sciagurato incendio poneva fine all'edizione numero 19 e al rapporto di lungo corso fra il Torino Film Festival e il cinema Reposi: fa dunque piacere ritrovare la storica multisala, teatro quest'anno di buona parte delle proiezioni, a rinsaldare un legame antico e che respira dei nomi dei registi che su quegli schermi sono passati, da John Carpenter a George Romero. A questa rosa oggi possiamo aggiungere anche Sion Sono, che della seconda giornata di proiezioni è stato l'autentico mattatore, introducendo tre fra i suoi film più belli e complessi: Noriko's Dinner Table (2005), Strange Circus (2005) e il fluviale Love Exposure (2008), con le sue quattro ore di durata. Tre racconti molto diversi fra loro, ma in cui ricorrono i temi della famiglia, dei legami affettivi e della rappresentazione, per mettere in scena moderne tragedie in cui i personaggi affrontano ancora una volta il bisogno di affermare un'identità in un Giappone che non glielo permette. Che sia la forma del racconto personale (Noriko), dello spettacolo teatrale che mette in scena l'assurdo dell'esistere (Strange Circus) o di una scatenata commedia che sfocia nel puro mélo con intrecci persino religiosi (!) come in Love Exposure, sembra che questi personaggi debbano sempre affrontare un percorso difficile e che quasi sempre esclude il lieto fine. In definitiva si esce dalla proiezione quasi sempre devastati. Allo stesso modo non può esserci felicità nemmeno nell'ultimo lavoro del grande Werner Herzog, Into the Abyss, nuova incursione nel documentario per il regista tedesco, che qui affronta due detenuti e la cittadina texana teatro dei loro massacri e che per questo porterà uno dei due sul patibolo. La forma è stavolta più lineare e le inquietudini corrono in particolare sottotraccia, nella ripartizione di ruoli che però – a uno sguardo più attento – i personaggi tendono a non accettare (l'assassino che si dichiara innocente, il boia che rinuncia al suo ruolo) mettendo in scena anche in questo caso un'autentica rappresentazione del dramma della morte come meccanismo sociale sotto la cui apparente impeccabile forma aleggia un malessere (l'abisso del titolo) più profondo. Infine – ma è stata in realtà la proiezione mattutina - l'horror americano The Oregonian, di Calvin Lee Reeder (presentato in "Festa Mobile") con la sua protagonista che si risveglia ferita in un auto che ha sbandato e precipita in un vortice di allucinazioni. Il meccanismo, più che David Lynch, ricorda il mai troppo lodato Carnival of Souls, con una messinscena che tradisce in questo caso una povertà di mezzi capace però di far risultare in maniera anche più forte l'impatto di alcune scene visionarie. Alla fine si esce dalla visione con la sensazione di aver assistito a qualcosa di interessante. Certo, di fronte agli orrori del reale, il conforto del genere – per quanto inquieto – lascia quasi tirare un sospiro di sollievo. A suo modo anche questo è un lieto fine!

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