"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 26 novembre 2011

Torino 2011: Day 1

Torino 2011: Day 1

Una delle tappe obbligate, quando si giunge a Torino, è il Museo del Cinema, che quest'anno vede la Mole Antonelliana addobbata nel segno di Robert Altman, protagonista della retrospettiva principale del TFF. Ma, al di fuori del ventaglio di proposte festivaliere, la Mole ospita anche la mostra “Amos Gitai: Architettura della memoria”, una installazione dedicata al regista israeliano (e curata direttamente dall'interessato) nell'inedita cornice dei sotterranei, aperti eccezionalmente al pubblico. Un'occasione da non perdere, specie quando si ha a disposizione l'intera mattinata, essendo le proiezioni del Day 1 concentrate interamente nel pomeriggio. E sono visioni decisamente forti e poco concilianti, se il primo spettacolo vede protagonista il Suicide Club che nel 2002 rivelò al mondo il talento di Sion Sono, protagonista assoluto della sezione “Rapporto Confidenziale”. Sfuggono i motivi per i quali un film così celebre sia mostrato soltanto oggi, peraltro con introduzione del regista che si toglie elegantemente il cappello davanti al pubblico e lascia che a parlare siano soprattutto le immagini forti dei suicidi giovanili veicolate da una mano misteriosa che determina il meccanismo thriller. Al di là della componente gore che si auto stempera in un tono abbastanza grottesco, il film è sentito e lacerante nel dipingere una società disgregata e che cerca valvole di sfogo in sottoculture pop (gruppi musicali in particolare): la visione diventa così un intrigante andirivieni tra i meccanismi tipici della società dello spettacolo e ambizioni autoriali che rendono il film molto più complesso di quanto non appaia inizialmente. Il Giappone ne emerge come una terra infelice, e a confermarlo arriva anche il bellissimo Hanezu no Tsuki, della grande Naomi Kawase, che apre le “Onde” della sezione sperimentale: il racconto di un triangolo amoroso diventa il pretesto per una riflessione malinconica sullo stratificarsi di tempi e memorie con i quali raccontare una terra osservata in inediti scorci di folgorante bellezza, dove una natura incontaminata e un rapporto anche fecondo che gli uomini intrattengono con essa non riesce a cancellare un malessere interiore che porta la possibile storia d'amore a naufragare. Laddove comunque il sentimento pone le sue basi, la Kawase offre scene di struggente dolcezza, regalandoci alla fin fine un anomalo melodramma. La proiezione è anticipata dal bel corto svedese Sent Pa Jorden/Late on Earth: accostamento riuscitissimo per lo sguardo anche qui immerso nei colori e, soprattutto, nei suoni di una natura dove scene proposte senza particolare soluzione di continuità offrono una sinfonia poetica e aggraziata. Torna – per contrasto – alla mente la cacofonia di suoni della mostra di Gitai, per ricordarci che fra le visioni di questa prima giornata è il sonoro (e la musica) ad averla fatta da padrone.

Nessun commento: