"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 21 settembre 2009

Basta che funzioni

Basta che funzioni

Boris Yellnikov, sessant’anni durante i quali ha quasi vinto il Premio Nobel per la Fisica, vive solo a New York dopo il divorzio, dispensando cinismo e dure lezioni di vita alla varia umanità che lo circonda. Un giorno però nella sua tranquillità domestica irrompe Melody, ragazza di provincia ingenua e svampita che abbraccia la sua filosofia negativa tanto da conquistare il suo cuore e spingerlo a sposarla. Tutto sembra andare bene, ma l’arrivo dei genitori della ragazza, decisi a riportare la loro piccola nel tranquillo alveo della campagna, scombussola ulteriormente le cose.

Passano gli anni e i film di Woody Allen restano, apparentemente sempre fedeli a se stessi, ma in realtà percorsi da un nervosismo che sin dall’inizio li ha resi in costante ma continuo movimento. Acclamato ieri come re della commedia esistenziale e ancora qualche anno fa riscoperto addirittura come autore di thriller, per questo Basta che funzioni, sua quarantesima regia, Allen torna nei luoghi a lui più familiari, quelli di una New York che sembra deputata ancora una volta a territorio per una riflessione che parta da se stesso. Difficile infatti non vedere riprodotta in filigrana la figura dello stesso Allen nel protagonista afflitto da crisi d’ansia e nevrosi di vario tipo, tutte mitigate sotto la maschera del cinico che affronta la vita con un ghigno.

Le note di produzione ci ricordano che il progetto risale a ben dieci anni prima, tanto da far tornare ancora una volta a galla il sospetto di un’opera che guarda al passato, ma che in realtà si rivela ottima per un momento in cui l’autore tenta di tirare le prime fila di un discorso esistenziale semplice nella sua complessità, dove il fatalismo colorato di ironia beffarda si stempera in una dolcezza dell’animo che ammanta la storia di un’aura fiabesca. Il riferimento al Frank Capra più ottimista (uno dei molti presenti nel film) diventa quindi preciso per ricondurre l’energia che il protagonista muove verso un approdo che, pur non rinnegando la necessaria dose di fortuna, sia foriero di possibilità da afferrare perché tutto, realmente, funzioni.

Allen sfrutta dunque le direttrici oppositive del film in senso virtuoso, innanzitutto mettendo alla berlina le piccole grandi follie che connotano il mondo moderno: il fanatismo religioso, le nevrosi di coppia e le aspettative sociali dipingono un mondo fuori controllo che soltanto Boris sembra aver compreso nella sua assoluta follia. La sua consapevolezza, anzi, lo porta a discorrere direttamente con il pubblico, riverberando in questo modo i cliché metatestuali da sempre al centro del cinema alleniano (basti pensare a La rosa purpurea del Cairo o al coro greco de La dea dell’amore).

Allo stesso tempo, però, questa deriva metatestuale diventa anche la chiave di volta che il film compie per uscire dalle regole che lo stesso Boris sembra codificare e che si vedono inevitabilmente sovvertite dall’imprevedibilità degli eventi. Il protagonista diventa così a un tempo tramite e vittima di dinamiche che non riesce a prevedere nonostante il suo proclamarsi un Genio e che legittimano la contraddizione insita in un personaggio che, sebbene consapevole dei meccanismi della vita, pure li affronta con nevrosi e irrazionalità, rivelando una insospettabile fragilità di fondo. La stessa fragilità d'altronde connota tutti i personaggi della storia e permette ad Allen di imbastire così una danza di situazioni che rivoltano i presupposti iniziali. Il mondo pazzo diventa pertanto un universo sbilenco dove la non convenzionalità dei legami assume il ruolo di autentica risposta possibile alla follia di chi si ostina a ossequiare quelle regole codificate che inevitabilmente conducono all’infelicità.

Boris si ritrova perciò ancora una volta sposato, poi tradito e infine amato da una donna conosciuta nella più improbabile delle circostanze, mentre intorno a lui i protagonisti si liberano delle convenzioni e danno vita a legami di varia natura (bigamia, relazioni omosessuali eccetera) che vengono legittimati con spontaneità in quanto in grado di funzionare e che trovano anzi nell’arte la loro maggiore legittimazione: proprio l’arte nel film sembra peraltro riuscire a scardinare la seriosità delle definizioni assolute (rappresentate metaforicamente da quegli scacchi tanto cari allo stesso Boris) fornendo inattese deviazioni utili a favorire le metamorfosi dei personaggi.

La coralità degli eventi si sposa quindi al consueto fuoco di fila di battute che non risparmia nessuna nevrosi dell’epoca moderna e denota in fondo una volontà di superare lo steccato del pessimismo che altrove finiva per legittimare la mancanza di una condotta morale (Match Point) come unica possibile deriva per un mondo dominato dalla fortuna. Il tutto con leggiadria e senza malizie, trasmettendo anzi un divertimento sensibile, nonostante uno svolgimento articolato in pochi set, alcune sbavature di montaggio e un incedere basato soprattutto sulla forza della parola.

In tutto questo svetta sicuramente il consapevole lavoro svolto sugli attori: se Larry David è infatti già avvezzo al ruolo dell’anziano brontolone (interpretato nella sitcom Curb Your Enthusiasm), è straordinario il ribaltamento di ruolo compiuto su Evan Rachel Wood, celebre soprattutto per ruoli di ragazza tormentata e per la sua fama di bad-girl, che qui dà vita a un personaggio tenerissimo e solare, imprevedibile come gli sviluppi che la storia riserva al protagonista.

Basta che funzioni
(Whatever Works)
Regia e sceneggiatura: Woody Allen
Origine: Usa/Francia, 2009
Durata: 92’

Sito ufficiale americano
Intervista a regista e cast (in inglese)
Intervista a Woody Allen del 2006
Sito su Woody Allen

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, secondo me in filigrana si vede molto di Allen in questo Boris, ma anche in moltissimi personaggi di altri suoi film. Anche se lui sostanzialmente nega questa cosa, secondo me è palese...
Ale55andra

Angelo Moroni ha detto...

Vado a vederlo domani sera con mia moglie. Poi ti dico :)

Angelo Moroni ha detto...

Non male, sebbene non è certo uno dei suoi migliori film...