Transformers 4
Sono trascorsi tre anni dalla battaglia di Chicago e i Transformers superstiti sono
braccati dalla Cemetery Wind, una branca segreta della CIA guidata
dal fanatico Harold Attinger, che non distingue fra Autobot e
Decepticon. Per fare questo, Attinger ha stretto alleanza con
Lockdown, un cacciatore di taglie cybertroniano che non è schierato
con nessuna fazione e il cui interesse è la cattura di Optimus
Prime.
Nel frattempo, Cade
Yaeger, inventore spiantato, recupera un vecchio camion arrugginito
per rivenderne i pezzi e scopre che si tratta proprio di Optimus
Prime. L'uomo, insieme alla figlia Tessa e al suo fidanzato Shane, si
ritrova così coinvolto nella caccia scatenata da Hattinger ed è
costretto alla fuga. Scopre ben presto che Hattinger è legato alla
società KSI, guidata dal brillante scienziato Joshua Joyce: questi è
riuscito a isolare il Transformio, il metallo di cui sono fatti i
cybertoniani, per creare una nuova razza di droni-transformers. Il
suo primo prototipo è Galvatron, in cui è stata riversata la
memoria di Megatron. Joyce crede di poterlo controllare, ma in realtà
l'ex comandante dei Decepticon sta approfittando della situazione per
rivivere in un nuovo corpo.
Si crea in questo modo
un triplice fronte: gli umani si aspettano di ricevere da Lockdown,
in cambio di Optimus Prime, un seme cybertroniano da far esplodere
per produrre Transformio in enormi quantità. In questo modo potranno
produrre droni su larga scala, monopolizzando l'industria bellica
americana. Megatron sta per risorgere in Galvatron, e assume il
controllo della nuova armata di droni-transformers giò realizzati:
il suo scopo è usare il seme cybertroniano per sterminare gli umani.
Lockdown, dal canto suo, continua a cercare Optimus Prime, reclamato
dai misteriosi Creatori dei Transformers. Prime con gli ultimi
Autobot, insieme a Cade e agli amici umani, combatte così la
battaglia finale fra le strade di Hong Kong. Al suo fianco c'è
l'armata dei Dinobot, antichi Cavalieri barbari cybertroniani
liberati dalle prigioni della nave di Lockdown.
Il quarto Transformers
è probabilmente il film che Michael Bay ha sempre sognato di fare:
quantomeno quello verso cui tutta la sua produzione e la stessa saga
hanno sempre proteso! Come il seme che vediamo nel film, la pellicola
riscrive l'ordine naturale del mondo, fagocitando le forme
preesistenti, per portare tutto alle estreme conseguenze performative
e estetiche. Così, Transformers 4 si offre sì come
l'annunciato re-inizio della saga, ma anche come una ricapitolazione
delle vicende precedenti. C'è un nuovo cast, il tono (soprattutto
nella parte iniziale) è più fresco e leggero, i design dei robot
sono implementati, ma ritroviamo scenari a noi già familiari, come
il deserto del secondo capitolo o la Chicago del terzo, che già
rappresentava di per sé un ampliamento della città in cui si
combatteva nel capostipite. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto
si tra(n)sforma.
L'operazione è favorita
dalla scrittura probabilmente più involuta e banale della
tetralogia: farraginosa nell'articolazione del racconto e divisa tra
numerosi fronti, si dimostra rozza nella definizione dei personaggi e
nella scelta del cattivo (un poco carismatico Lockdown) e quasi
frammentaria nella giustapposizione delle scene, con un curioso
effetto a “salti” che restituisce la buffa impressione (quasi
“alla Mario Bava”) di una sceneggiatura cui siano state strappate
delle pagine in corso di lavorazione per arrivare al dunque. Riesce
comunque a tenere a bada l'effetto-caos grazie a una struttura
generale molto schematica e priva di sorprese destabilizzanti,
rimandando presumibilmente ogni spiegazione a futuri seguiti (si
pensi a tutto il subplot dei Creatori e dei Cavalieri, qui soltanto
accennato).
Bay affronta questo
materiale con lo stesso spirito dimostrato da Joshua Joyce nel
plasmare il Transformio a piacimento, rendendolo l'humus
di una performance estrema, che abbraccia ed esplora ai massimi
livelli la componente avanguardista già evidenziata nella saga: il
film si articola così in un balletto di forme in continua
ridefinizione, che giunge al suo massimo grado estetico nella
scomposizione a livello atomico dei nuovi transformers-droni,
autentici sciami di pixel impazziti che tagliano l'inquadratura
descrivendo geometrie astratte da installazione di video-arte. Tutto
questo mentre il ritmo affastella in modo forsennato scontri,
situazioni e balletti di corpi e metallo, in particolar modo
nell'ultima parte, dove il film letteralmente impazzisce e si libera.
Se per il secondo capitolo si era parlato di Action Painting, qui
forse siamo ancora oltre - fatto che curiosamente rispetta la
regola per cui i capitoli pari si offrono come i più sregolati e
sperimentali, a fronte della maggiore strutturazione narrativa di
quelli dispari.
In particolare, Bay
coglie l'aspetto più importante della banale sceneggiatura di Ehren
Kruger, ovvero la capacità di articolare il racconto secondo
traiettorie che rendono lo spazio filmico un autentico schema
geometrico: Cade, Tessa e Shane fuggono in auto, inseguiti dagli
uomini di Cemetery Wind e lo sguardo di Bay passa senza soluzione di
continuità (e spesso all'interno della stessa inquadratura) dai
veicoli in fuga agli interni dell'abitacolo, fino ai tetti su cui
Optimus Prime e Lockdown combattono. L'impressione è quella di uno
spazio unico e “chiuso” in cui si racchiude tutto il mondo, ma
anche di un set articolato su numerosi “livelli”, che crea così
una intelligente sponda con la struttura narrativa frammentata in
tanti piccoli fronti. E se la vicenda impone poi continui spostamenti
(traiettorie, appunto) da un luogo all'altro, la chiusa a Hong Kong
offre nuove possibilità visive a un racconto tutto disteso sulle
incredibili geometrie urbane di una città-reticolo, dove le case si
accumulano l'una sull'altra, le strade si riempiono di cavi, oggetti,
forme solide tonde e quadrate, mentre umani, robot e sauri meccanici
sconvolgono le leggi della fisica salendo e scendendo dagli edifici sulle facciate
esterne, sollevando navi e sfruttando ogni oggetto per combattere.
Il gioco sta quindi fra
il continuo rimpallarsi di una tensione astratta e geometrica, e la
veridicità offerta da un set materiale che richiama la concretezza
del vero attraverso l'esibizione di luoghi iconici (la Monument
Valley, i palazzi di Chicago, la Grande Muraglia Cinese), che Bay
reitera e al contempo smonta nel gioco forsennato delle forme che vi
si muovono all'interno. Ne viene fuori una vertigine di senso che
rende il divertimento dannatamente serio: per la prima volta, infatti, gli
Autobot uccidono gli umani e la traccia portante segue un uomo
oppresso dal proprio dramma familiare e dal desiderio di assicurare
un buon futuro a sua figlia. Ma, allo stesso tempo, tutto è
inscritto nella capacità di trasfigurare il mondo in un'enorme e
concreta area di gioco: è come se Bay applicasse l'approccio di
certi film d'animazione contemporanei al Live Action, fondendo
linguaggi e piani creativi. In questo senso Transformers 4 è
molto più vicino a opere come The LEGO Movie di quanto non
appaia, mostrandoci una visione registica radicale nella sua
concezione estrema di blockbuster e di “toy movie”. Cinema di
massa, eppure non per tutti.
Transformers 4 –
L'era dell'estinzione
(Transformers: Age of
Extinction)
Regia: Michael Bay
Sceneggiatura: Ehren
Kruger
Origine: Usa, 2014
Durata: 165'
2 commenti:
Dopo aver letto un sacco di recensioni e commenti, ieri sera sono andato a vedere il film: questa recensione è perfetta.
Il film non è un capolavoro assolutamente, non ci piove, ed i difetti possibili sono quelli riassunti nella recensione (tranne che per il giudizio su Lockdown, per me un gran personaggio che meritava più spazio); tuttavia è un film sui Transformers e ti da quello che ti aspetti (in fatto di esplosioni te ne da anche di più, fin troppe), e recupera per lo meno le atmosfere più cupe delle serie fumetti-cartoni originali quando le cose si erano messe male (alcuni episodi su Cybertron in cui gli Autobot sono rinchiusi nei lager e fusi, le puntate nello spazio con Galvatron e Unicron...).
Per me il migliore dei quattro film e prepara per il quinto, che potrebbe essere ancora meglio.
Grazie per le parole di apprezzamento e per il bel commento :)
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