"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 17 maggio 2014

Godzilla

Godzilla

1999. La centrale nucleare di Janjira, in Giappone, è vittima di un colossale disastro che costringe il responsabile Joe Brody a sacrificare la vita della sua stessa moglie, per impedire la contaminazione della zona circostante. L'uomo però contesta la versione delle autorità, secondo cui si sarebbe trattato di una calamità naturale, e perciò spende i successivi 15 anni a indagare sulle reali cause del disastro. Suo figlio Ford, diventato nel frattempo un tenente dell'esercito americano, lo accompagna infine nell'ultima spedizione nel sito in quarantena, dove l'aria si rivela curiosamente respirabile. Joe ha infatti ragione: il sito non è contaminato e a provocare il disastro è stata una creatura preistorica (denominata dalle autorità con l'acronimo MUTO) che si nutre di radiazioni e che ha fatto il suo bozzolo nella zona, costantemente monitorato da una squadra comandata dallo scienziato giapponese Serizawa. Ma il MUTO non è solo: già nel 1954 Godzilla, un altro e più temibile predatore, era stato individuato dalle autorità. Quando il MUTO infine si risveglia, appare evidente come la sua attività eserciti un richiamo che riporterà in superficie anche Godzilla. Per Ford la sfida è ora doppia: mettere le sue abilità al servizio dell'emergenza globale e ricongiungersi alla famiglia.


Sin dall'inizio la sfida del nuovo Godzilla presentava due grosse criticità: l'esigenza di riconciliare Hollywood con il fandom dopo la débacle della versione realizzata da Roland Emmerich nel 1998 e il rischio (ormai sempre più evidente nelle produzioni contemporanee) di costringere il talento emergente di Gareth Edwards, rivelatosi con il bellissimo Monsters, nella stretta gabbia del mero esecutore per un progetto colossale. La buona notizia è che, su entrambi i versanti, la sfida può dirsi vinta: il nuovo Godzilla è ammantato da un profondo rispetto per la tradizione nipponica, ripropone un po' tutti i canoni del personaggio con estrema attenzione e, soprattutto, riesce anche a modulare le possibilità tematiche da sempre collegate alla sua natura metaforica in senso nuovo, toccando i punti scoperti del nostro tempo e chiamando in causa i grandi traumi della Storia più o meno recente, dalle bombe di Hiroshima e degli esperimenti atomici negli anni Cinquanta, fino all'11 settembre 2001 o allo tsunami del 2004.

Al contempo, Gareth Edwards dimostra una visione coerente con quanto già fatto in precedenza e riesce nell'impresa altrimenti improbabile di realizzare un kolossal anche attento a preservare la particolarità del proprio sguardo autoriale. Questo avviene non già per il presunto “peso” della componente umana, sempre riverberata in tutte le interviste: da questo versante, anzi, bisogna registrare come il film soffra, nella seconda parte, di una forzata concentrazione su un campionario umano decisamente meno interessante di quanto le premesse non facessero sperare, con personaggi abbastanza tipizzati e non particolarmente incisivi (mentre è molto bella l'idea alla Psycho di eliminare molto presto due figure celebri e carismatiche come quelle di Juliette Binoche e Bryan Cranston). A una prima parte molto riuscita nel suo crescendo, si accompagna così una seconda decisamente più “trattenuta” e reticente nel concedere troppo campo ai mostri. Se, per certi aspetti, l'interesse di tale approccio sta nel donare al film un andamento decisamente in controtendenza rispetto ai ritmi dei blockbuster odierni, per contro è come se l'insieme avesse paura di lasciarsi realmente andare e cercasse in ogni modo di mantenere il controllo, negandosi qualunque volo pindarico nell'eccesso o nel lirismo più sfrenato, complice forse la troppa attenzione a non sbagliare, già enunciata in apertura.

La visione di Edwards resta comunque salda in virtù del progetto estetico e tematico portato avanti: Godzilla è a conti fatti un nuovo film sul ricongiungimento e sulla separazione, come già lo era Monsters ed è capace di articolare questo registro passando continuamente dal grande (i duelli fra mostri) al piccolo (l'odissea dei Brody). Così, esattamente come i MUTO che si cercano (e la scena tenerissima in cui si ritrovano cita non a caso quella più bella di Monsters), allo stesso modo Joe Brody cerca di recuperare il ricordo della moglie scomparsa attraverso l'indagine ossessiva della verità, e Ford deve poi passare per un percorso che lo porti a ricongiungersi alla famiglia, ma anche a proteggerla e per questo ad agire paradossalmente lontano dai cari. 

Il film vive tutto nell'intervallo fra l'opposizione di elementi pure uniti da una matrice comune: i mostri come divinità che rimettono in discussione la centralità degli uomini cui pure sono accomunati dall'importanza degli affetti; l'uso dell'atomica come nutrimento ma anche forza distruttiva; la fuga dal pericolo e la necessità di immergersi nello stesso; le strategie per essere sicuri di mantenere il controllo e la constatazione che il mondo è dei mostri e che ogni nostra azione è vana; il desiderio di stare insieme e la costrizione a separarsi; la menzogna e la verità che addivengono a un'unica risoluzione; il passato più remoto da cui provengono i mostri e il presente dell'umanità che si ritrova ad affrontarli e, in questo modo, a elaborare il percorso storico e tecnologico sin qui compiuto. Persino il design classico e “anatomicamente plausibile” di Godzilla, contrapposto a quello alieno e “alla Cloverfield” dei MUTO sembra rientrare in questa dinamica degli ossimori.

Il tutto funziona naturalmente laddove articola tale poetica in senso visivo, giocando con la quasi “trasparenza” dei mostri, che appaiono dalle ombre o scompaiono nel fumo, e nel continuo passaggio dalle gesta ieratiche di creature che l'inquadratura fatica a contenere, alla frenesia degli umani che fuggono o cercano di contrastare l'avanzata dei titani. A tal proposito va riconosciuto come l'uso della CGI sia ottimo e intelligente, con una particolare attenzione al body language (anch'esso un po' retrò) delle creature, tale da consumare finalmente il passaggio dall'estetica “gommosa” del kaiju eiga a quella dell'era digitale senza troppi traumi. Edwards poi ci mette del suo attraverso uno stile visivo di rara bellezza, che cerca la suggestione quasi impressionista e pittorica, come accade nell'ormai celeberrima discesa dei soldati sulla città, in una potente cornice di nuvole.

Il culmine del percorso è garantito proprio dalla convergenza che, nel finale, si viene a creare fra la figura di Godzilla e quella di Ford, dove Edwards osa la carta dell'autentico parallelismo (i due cadono dopo essersi scambiati uno sguardo e letteralmente “tornano a vivere” insieme). In quel momento il ricongiungimento inseguito per tutta la storia si concretizza per davvero e, ancora una volta, la dinamica allarga dal fatto specifico al rapporto universale, passando da Godzilla all'umanità tutta, che lo incorona ufficialmente come il suo “Re dei mostri”.


Godzilla
(id.)
Regia: Gareth Edwards
Sceneggiatura: Max Borenstein (storia di David Callaham, basata sul personaggio creato da Toho Co.)
Origine: Usa/Giappone, 2014
Durata: 123'

1 commento:

myers82 ha detto...

pur essendo questo film, tuttosommato gradevole, sono rimasto parzialmente deluso per le ragioni che hai letto nella mia rece.

Cacchio però io volevo Bryan protagonista XD ok fanboy mode off :-)