"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 10 settembre 2013

Venezia 70: i film (1/4)

Venezia 70: i film (1/4)

Poiché il materiale da recensire è molto, una doverosa premessa: ci saranno quattro aggiornamenti, ciascuno dei quali conterrà tre recensioni brevi. Questi appuntamenti saranno poi accompagnati anche da recensioni lunghe di alcuni titoli su cui è necessario fare degli approfondimenti (coerentemente anche con i percorsi in atto nel blog). Titoli come Kaze tachinu di Hayao Miyazaki, Capitan Harlock di Shinji Aramaki e Gravity di Alfonso Cuaron verranno invece ripresi al momento della loro uscita nelle sale italiane. Buona lettura!


Gerontophilia, di Bruce LaBruce (Giornate degli Autori)

Artista underground per antonomasia, Bruce LaBruce ha ottenuto un certo riscontro in Italia con l'uscita del bizzarro L.A. Zombie, dove uno zannuto e muscoloso “living dead” (l'ottimo Francois Sagat) rianimava i cadaveri con il suo sperma, all'interno di una messinscena volutamente psichedelica e sgangherata. Il nuovo Gerontophilia segna un cambio di passo formale: la struttura è infatti più lineare e il progetto si iscrive in un tentativo del regista di incanalare le proprie pulsioni all'interno di un circuito più mainstream. Nessun tradimento dei propri trascorsi, però, perché la storia di Lake - un ragazzo gerontofilo, che trova finalmente il suo Eden quando viene assunto in una clinica per anziani - rappresenta una perfetta evoluzione del citato L.A. Zombie: la caducità del corpo e la pulsione sessuale rivitalizzante è infatti ancora il fulcro della narrazione, e si sublima nell'aspetto minuto di Lake (contrapposto alla fisicità debordante e muscolosa del sopracitato Francois Sagat), che tara il tono del racconto. Diventa quindi coerente il passaggio dal trash sfrenato dell'altra pellicola a un mix di ironia e delicatezza, con un sapore malinconico e struggente nel raccontare questo amore impossibile. La prima volta di Lake, carica di aspettative e pulsioni che finalmente si esprimono, si sovrappone quindi all'ultima occasione di felicità per l'anziano mr. Peabody, che torna letteralmente alla vita, fuggendo all'immobilismo in cui era confinato nella clinica. Gli dà voce e corpo uno strepitoso Walter Borden, autentico gioiello della pellicola. Definito dal regista una sorta di Harold e Maude in versione gay, Gerontophilia è un film di grande umanità, con cui LaBruce dimostra la sua versatilità e una grande qualità d'autore. Premiato con il Queer Award.



Jigoku de naze Warui/Why Don't You Play in Hell?, di Sion Sono (Orizzonti)

Avevamo lasciato Sion Sono con Land of Hope (visto al Torino Film Festival), una sorta di grido di dolore espresso dall'autore per il dramma di Fukushima, fatto di ritmi dilatati e messinscena naturalistica: un film che aveva fatto sorgere qualche dubbio circa un possibile cambio di passo del regista rispetto agli eccessi degli esordi. Come a voler esorcizzare queste paure e rassicurare i fans, però, la nuova pellicola ci riconsegna un autore sfrenato e esaltante, che ama il cinema in quanto gioco e puro piacere della messinscena. Un gruppo di giovani cineasti, armati di pochi mezzi e tantissimo entusiasmo, aspetta l'occasione giusta per sfondare: questa arriva dopo alcuni anni, ma in una forma decisamente bizzarra. Un loro coetaneo è stato infatti accusato di aver rapito la figlia di un boss della yakuza e, per scagionarsi, ha raccontato di essere un regista cinematografico, disposto a filmare lo scontro che il boss (il mitico Jun Kunimura) sta per avere con un suo storico rivale. Toccherà ai nostri eroi sbrogliare la matassa girando finalmente il film della vita! Sono trasfigura l'immaginario degli yakuza eiga della Toei attraverso la prospettiva citazionista offerta dal Tarantino di Kill Bill: tutta la parte finale è infatti una parafrasi della lotta alla Casa delle Foglie blu vista nel capolavoro del collega americano, in un tripudio di arti mozzati, colpi di katana, kung fu e pistolettate. Ma, accanto all'omaggio cinefilo e al divertimento puro, l'autore racconta ancora una volta i sogni di personaggi incapaci di uscire dal proprio immobilismo, che forse solo nella finzione scenica potranno trovare la chiave per la felicità. Un film liberatorio, per folli e per sognatori.



Die Frau des Polizisten/The Police Officer's Wife, di Philip Groening (Concorso)

59 capitoli, spesso brevissimi e quasi fuggevoli, spalmati lungo tre ore di durata, per raccontare la quotidianità di una famiglia apparentemente felice: lui (Uwe), lei (Christine), la loro figlioletta (Clara). Ma, lentamente, attraverso le pieghe di un racconto non lineare e apparentemente ostico e freddo, emergono gli abusi di Uwe sulla moglie. Scatti d'ira feroci, spesso immotivati e forse dovuti all'alienazione provocata dal lavoro in polizia, poche scene che testimoniano realmente la violenza, cui si preferisce l'alternanza di momenti felici e apparentemente avulsi dal tema, con scene più dirette in cui Christine esibisce la sua pelle martoriata dai lividi. La rigida scansione in parti (con tanto di cartello iniziale e finale a marcare i confini di ogni capitolo) è allo stesso tempo ciò che permette alla storia di apparire in tutta la sua evidente problematicità, ma anche lo strumento che serve a Philip Groening (già autore de Il grande silenzio) per trasfigurare il tutto in una dimensione più esistenziale, creando una sorta di distanza, mai priva comunque di una sua delicatezza e di un certo lirismo (la volpe che attraversa le strade semivuote, i fiori coltivati sotto le mattonelle del cortile). Finale aperto a interpretazioni, con quelle che sembrano tre possibili chiuse, affinché lo spettatore scelga la propria. Un cinema radicale, ma molto intrigante per come riesce a suscitare la riflessione, pur all'interno di una messinscena di grande rigore formale, di chiara matrice mitteleuropea. Premio speciale della Giuria.

UPDATE: uscito nei cinema italiani il 25 Novembre 2013 con il titolo La moglie del poliziotto.



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