"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 26 novembre 2012

Torino 30+3

Torino 30+3

Si riparte dall'Asia e precisamente dalla Corea del Sud, che sforna un altro gangster movie, Beom-Joi-Wa-Eui Jeon-Jaeng/Nameless Gangster: Rules of Time (sezione Festa Mobile), accolto in patria come un degno epigono dei Bravi ragazzi scorsesiani: merito del protagonista, il sempre immenso Choi Min-Sik (Old Boy, I Saw the Devil) che, al pari del Ray Liotta d'annata, non ci pensa due volte quando si tratta di tradire parenti e amici per farla franca. Ma qui si va anche oltre: il personaggio di Choi è un vigilante che riesce a entrare nel giro della malavita “che conta” sfruttando i suoi legami con un'antica famiglia coreana, ma cambia poi bandiera alla bisogna, dimostrandosi un individuo meschino e pusillanime. Il grandissimo attore aggiunge così un altro personaggio magnificamente sfatto e ripugnante alla sua carriera, mentre il regista Joong Bin-Yoon si dimostra molto lucido nel suo j'accuse: nella sua visione storica e sociale, infatti, i legami di sangue (su cui nominalmente si fondano queste associazioni malavitose) non sono altro che un vuoto cascame di convenzioni prive di qualsivoglia logica e sostanza, al punto che riescono a spianare la strada a un individuo tanto assetato di potere quanto privo di scrupoli.
La famiglia diventa pertanto il filo conduttore delle pellicole visionate oggi. Dall'America arriva quindi Arthur Newman (in Concorso), su un eponimo protagonista (Colin Firth) che cerca di rifarsi una vita cambiando identità e abbandonando la moglie e il figlio. Durante il suo viaggio conosce e si innamora di Mike (la bella Emily Blunt), anche lei in fuga dagli affetti e "nascosta" dietro un nuovo nome. Per un po' i due si divertono ad assumere varie identità e a vivere fugaci avventure amorose, perpetrando una felice illusione, poi la realtà arriva a presentare il conto. Tutto come da prassi per questi tipici racconti di fuga dal proprio microcosmo, ma nell'insieme il film si lascia seguire, grazie alla sensibilità con cui il regista Dante Ariola empatizza con i personaggi: prendere o lasciare.
Si fa decisamente più sul serio con l'ultima opera di Sion Sono: Kibo no Kuni/The Land of Hope (Rapporto Confidenziale), con cui l'autore giapponese rielabora il dramma di Fukushima. Una famiglia viene infatti divisa dal disastro di una centrale nucleare. I genitori anziani decidono di restare nella loro casa situata ai margini della zona contaminata. Il figlio, invece, viene spinto ad andare via con la moglie, incinta del primo erede e che per questo sviluppa una fobia che la spinge a indossare camici sterili e a rendere asettica la sua stanza. Ossessioni e legami affettivi, tutto in puro stile Sion Sono, che stavolta si tiene sotto controllo, mostrando un inedito pudore e rispetto per un dramma che, seppur rielaborato in chiave personale, ammicca chiaramente a dinamiche che ormai avverte come universali. Forse anche per questo il racconto è un po' prolisso, come se avesse paura di lasciare per strada qualche possibile implicazione, ma il percorso dell'autore resta comunque coerente e ammirevole.
Finale in gloria con un classico che non ha bisogno di presentazioni, Viaggio in Italia, di Roberto Rossellini (anche questo in Festa Mobile), debitamente restaurato, che suggella la crisi della coppia raccontando la trasferta napoletana di una famiglia londinese incapace di comunicare. Alla luce dei paragoni con i film precedenti, l'opera di Rossellini si staglia ancora di più come una delle più moderne partorite dall'autore. La copia vista a Torino è quella non doppiata, con Ingrid Bergman e George Sanders in presa diretta, che ristabilisce così il senso di alterità degli inglesi rispetto al contesto partenopeo. Impossibile chiedere di più.

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