"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 31 agosto 2011

500 giorni insieme

500 giorni insieme

Tom Hansen, laureato in architettura, ha preferito ripiegare sulla scrittura di bigliettini d'auguri, guadagnandosi una posizione in una azienda del settore. D'altra parte la sua indole romantica sembra fare allo scopo, anche se ancora il grande amore fatica a entrare nella sua vita. Questo almeno fino al giorno in cui il suo capo assume Summer [nella versione italiana “Sole”], per il quale Tom perde subito la testa. Le cose sembrano mettersi bene fra i due, ma la relazione avrà alti e bassi fino a quando lei non deciderà di troncarla inaspettatamente, lasciando Tom solo e in preda alla disperazione. Il tutto raccontato in un continuo andirivieni lungo i 500 giorni in cui Summer occuperà la vita di Tom.


Ciò che tutti si aspettano da una storia d'amore è uno svolgimento lineare che conduca a una sorta di bilancio sul tema: piace, insomma, non soltanto palpitare empaticamente per il destino dei protagonisti, ma anche trarne delle conseguenze, sviluppare una conclusione (positiva e/o ottimista) che risponda all'eterna domanda sulla sostanza di questo sentimento. Il film di Marc Webb sceglie invece la strada più difficile: alla fine della visione, infatti, gli interrogativi non saranno sciolti, permarrà una certa dose di tristezza, seppur mista alla speranza di nuove prospettive, e la struttura ad andirivieni non farà comunque di capire che l'amore è quel qualcosa che da A arriva a C passando per B, permettendo di comprendere tutti gli errori e voltare pagina. Anche perché – chiunque può rendersene conto da solo – non è affatto così.

Allo stesso tempo, questa pluripremiata commedia può far sorgere il dubbio di voler affrontare il problema da una prospettiva che è quella di chi, tutto sommato, intende suggerire che l'amore è bello ma illusorio. Ma anch'essa sarebbe una conclusione, e dunque aliena agli intenti del film. Che, invece, esplora le dinamiche del durante più che del dopo e, soprattutto, le emozioni che vengono messe in campo, da una fonte sostanzialmente soggettiva: quella di Tom Hansen, protagonista e punto focale della storia.

Pertanto, sebbene non manchino degli indizi che portino a comprendere perché Summer improvvisamente decida di lasciarlo, il film non indugia su questi e lascia aperti degli spazi interpretativi che diano l'idea di una progressione schizofrenica, alimentata dal montaggio non lineare, che a volte crea giustapposizioni cariche di significato fra momenti diversi, mentre in altri casi sembra cercare accostamenti privi di senso, nati sull'onda di chissà quale collegamento mentale, né più né meno come spesso accade a ognuno di noi.

Il punto è tutto qui: 500 giorni insieme è un film geniale perché, nell'apparenza del suo essere (e nel suo sostanziale porsi come) una commedia di scrittura, quindi perfettamente preordinata nei suoi meccanismi, riesce anche a diventare uno dei film più umorali del genere, capace di passare dal riso al pianto, dall'entusiasmo all'apatia, senza indulgere in reiterazioni forzate, ma lavorando sui piccoli intervalli che l'amore naturalmente produce, in un'ottica – per l'appunto – soggettiva.

Ecco dunque che, ciò che noi vediamo, è sempre il punto di vista di Tom, la sua dimensione personale, che passa per una prima esaltazione dell'amata, che poi diventa la persona più odiata del mondo (per quei difetti che naturalmente prima erano pregi...). E la selezione dei momenti in cui è suddiviso il racconto è altrettanto sagace, perché pesca da un inconscio che è talmente “dentro” l'immaginario amoroso (non a caso il suo lavoro coinvolge la scrittura di bigliettini affettuosi) da sublimarne la sostanza in una dimensione ideale, che perde perciò totalmente di vista la realtà. Per cui forse ha davvero ragione Summer, i due non fanno che litigare, non si conoscono e capiscono realmente, ma di questo restano pochi scampoli nella memoria di Tom (che poi sarebbe il film che noi vediamo). In essa, al contrario, tutto è sempre perfetto, l'affinità viene misurata sulla base di particolari di poco conto, i colori sono vivi e la vita è un immenso gioco, come accade nella strepitosa sequenza sonora in cui la città festeggia al passaggio del protagonista, si complimenta per l'amore conquistato e tutto culmina in un divertito ballo con i passanti e un simpatico uccellino animato (la colonna sonora ha un'importanza seminale in tutto il film). Di conseguenza la separazione arriva poi come il più classico dei fulmini a ciel sereno.

Una conclusione dunque la si può azzardare: si tratta di re-imparare a vedere la realtà scindendola - per quanto (im)possibile - dagli assoluti tipici di un sentimento così forte, un po' come Tom fa quando riesce a comprendere l'architettura e il suo rapporto con lo spazio, le persone, le esigenze di chi quei palazzi li deve abitare e il “respiro” che naturalmente tutto deve assumere, astraendosi da quello “sguardo comune” tipico di chi è troppo impegnato a muoversi nella città per capirla e pensarne una più funzionale. Una città che non sia dunque più solamente un set, ma uno spazio vitale e capace di esprimersi e far esprimere un talento (quello di Tom) represso da altre debolezze e convinzioni.

Accanto a una regia piacevolmente pop, che sembra fare il paio con quella di altri nomi del cinema recente (la presenza di Chloe Moretz crea un collegamento con Kick-Ass di Matthew Vaughn che sembra tutt'altro che peregrino), va rimarcata anche la felice scelta di casting, che opta per due interpreti assolutamente capaci di lavorare su emozioni contrastanti e, spesso, di esprimere le stesse attraverso il loro contrario: Joseph Gordon-Levitt è strepitoso nell'incarnare l'uomo qualunque, la cui medietà non sconfina mai nella banale indifferenza di altri colleghi (penso ad Ashton Kutcher), mentre Zooey Deschanel spesso sorride nel pronunciare le battute più drammatiche, e appare quasi come un personaggio fuori da ogni contesto, come a rimarcarne la sua natura ideale: che in fondo Summer non esista e sia solo una proiezione dei desideri inespressi (o mal espressi) dal povero Tom?


(500) giorni insieme
((500) Days of Summer)
Regia: Marc Webb
Sceneggiatura: Scott Neustadter, Michael H. Weber
Origine: Usa, 2009
Durata: 95'

1 commento:

Anonimo ha detto...

Una commedia sentimentale, se così vogliamo descriverla, che mi ha conquistata totalmente. La colonna sonora è fantastica, ma sono d'accordo anche su tutto quanto scrivi in questa ottima, come sempre, recensione.

Ale55andra