"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

sabato 12 marzo 2011

L’uomo nell’ombra

L’uomo nell’ombra

Il Ghost Writer dell’ex Primo Ministro Inglese Alan Lang viene trovato morto sulla spiaggia dell’isola americana dove il politico si è ritirato. Pertanto viene reclutato un nuovo scrittore. L’affare in ballo non è infatti di poco conto, bisogna ultimare la biografia di Lang, in un momento in cui le polemiche intorno alla sua gestione della guerra al terrorismo sono giunte al culmine e il tribunale internazionale dell’Aja sta per aprire un’inchiesta nei suoi confronti, che potrebbe portarlo a una condanna per crimini contro l’umanità. Lang è infatti sospettato di aver utilizzato metodi non ortodossi (inclusa la tortura) che hanno portato anche alla morte di uno dei prigionieri. Il Ghost Writer però, indagando sulla vita di Lang, scopre alcuni elementi incongruenti, che potrebbero far pensare al fatto che il suo predecessore sia stato eliminato dopo aver scoperto una verità scomoda…


A prescindere dalle vicende giudiziarie che lo hanno colpito al momento dell’uscita del film, Roman Polanski resta un osservatore straordinariamente lucido e un artista immenso, che con questo nuovo capolavoro compie un’operazione affine eppure opposta a quella tentata nel 1987 con il bellissimo Frantic. Anche stavolta, infatti, la posta in gioco è fra una lettura politica della realtà e una forma hitchcockiana del racconto, che dà vita a una curiosa miscela noir. Se, infatti, trent’anni fa, la forma narrativa sopravanzava la conclusione estremamente amara nei confronti delle dinamiche spionistiche che soggiogavano il mondo, stavolta l’intento politico è più palese e chiama in causa le vicende di un controverso Primo Ministro inglese visibilmente ricalcato sulla figura di Tony Blair (qui un ottimo Pierce Brosnan) e immerso in un gioco di relazioni partitiche e spionistiche che pure Polanski sfrutta come pretesti narrativi per una messinscena capace di svelare i segreti progressivamente, con una straordinaria impennata della suspence.

Data questa premessa, dunque, la forma hitchcockiana si pone in second’ordine rispetto all’apparente esigenza di analisi storico-politica, ma in realtà l’equilibrio delle parti è più perfetto che mai, poiché ognuna sorregge l’altra in modo da tenere sempre desta l’attenzione. Forma e sostanza si ritrovano dunque unite in un racconto permeato da una costante sensazione di inquietudine, ma anche di beffarda ironia, dove la fotografia chiaroscurale di Pawel Edelman trova un efficace opposizione negli spazi aperti dell’isola e negli ambienti apparentemente asettici della residenza di Lang, ariosi nell’architettura e nelle geometrie descritte da pareti, scale e mobili.

In questo spazio vagamente alla Escher, agiscono forze impazzite, che Polanski sintetizza in modo mirabile attraverso i dettagli: le pantofole “fuori posto” sotto il letto o, ancor più, il giardiniere che tenta di spazzare lo spazio antistante la casa dalle foglie, lottando contro un vento che però manda tutto nuovamente all’aria. E’ il paradosso di una realtà ormai inconoscibile dove, in modo stavolta ancora affine ma diverso da Frantic, ci si scopre immersi in una situazione quasi kafkiana (il Ghost Writer non a caso telefona al suo agente per lamentarsi della situazione in cui è stato messo).

Pertanto, ognuno dei personaggi è al contempo un attore della vicenda, ma anche una pedina di una forza superiore: Lang è un politico, ma anche un indagato per effetto delle sue malefatte e della rivalità di un collega che aveva esonerato dal gabinetto dei ministri, sua moglie è una consigliera ma anche un’amante tradita, la sua segretaria è anche innamorata di lui. I manifestanti che invece protestano contro Lang hanno il loro più fervente attivista in un ex soldato che intende vendicare il figlio e che attacca il Primo Ministro, salvo poi mettersi sull’attenti, quasi a riverire un’autorità superiore e invisibile.

In questo scacchiere, l’unica persona che appare reale è l’unica priva di un’identità, ovvero il Ghost Writer (interpretato dal grande Ewan McGregor) che non ha un nome, una famiglia, ed “esiste” solo in virtù del lavoro compiuto per conto terzi, delle parole che infila in libri firmati da altri e che, nel tirare le fila del discorso, altro non fa che seguire una strada già tracciata dal suo predecessore. Una scena in questo senso è emblematica, è quella in cui l’uomo si lascia guidare dal navigatore della sua auto lungo un percorso che non aveva fissato, e che è quello del Writer che lo aveva preceduto.

In effetti, uno degli aspetti più magnetici del film, è proprio la caratura “oggettuale” del film, in cui sembra che gli elementi inanimati forniscano molte più informazioni ed emozioni delle persone in carne ed ossa. Polanski raggiunge quindi una strepitosa sintesi linguistica mostrando le progressioni della storia e determinando il tono del racconto attraverso le reazioni dei personaggi alle azioni veicolate dagli oggetti. E questo fin dall’incipit: il Ghost Writer iniziale muore? Lo capiamo dall’auto che resta sola nel traghetto e dopo ne vediamo il cadavere. A fornire gli indizi sono invece elementi che sembrano spuntare dal nulla, come le foto trovate dal protagonista in una busta incollata sotto un cassetto, lascito del suo predecessore.

E per questo l’immagine finale – e magistralmente hitcockiana – del biglietto passato di mano in mano con la rivelazione della verità, è un momento magico nella sua capacità di essere assolutamente indispensabile eppure così magnificamente libero, perché esclude la sovrastruttura umana da un mondo che, per essere compreso nella sua complessità, sembra dover ripartire dai dettagli, dai piccoli scarti che la realtà spontaneamente determina rispetto alle trame oscure che sembrano sempre voler celare l’immanenza della verità. Ciò che a Polanski interessa, non a caso, è la zona d’ombra.


L’uomo nell’ombra
(The Ghost Writer)
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Robert Harris e Roman Polanski (dal romanzo Il Ghostwriter, di Robert Harris)
Origine: Francia/Germania/Uk, 2010
Durata: 128’

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