"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 15 dicembre 2009

Tetro (Segreti di famiglia)

Tetro (Segreti di famiglia)

Prossimo ai 18 anni, Bennie giunge a Buenos Aires e, in attesa che la nave da crociera su cui presta servizio finisca le manutenzioni, si reca a casa del fratello Tetro che non vede da molti anni. Tetro, infatti, ha rotto ogni contatto con la famiglia in seguito a un violento litigio con il padre Carlo, direttore d’orchestra di fama internazionale. Bennie però conserva una lettera nella quale il fratello dichiarava che un giorno sarebbe tornato a prenderlo: una promessa evidentemente dimenticata, dal momento che Tetro accoglie l’arrivo del ragazzo con malcelata insofferenza. Per Bennie il rapporto che si va ricostruendo sarà foriero di rivelazioni circa la sua famiglia e i segreti sepolti nel passato.

Partiamo da una constatazione: Francis Ford Coppola è avanti. Il suo cinema apre prospettive vertiginose - e inafferrabili alle prime visioni - anche quando apparentemente racconta storie semplici. Con un simile presupposto appare immediatamente riduttivo condurre questo Tetro (titolo evocativo e d’impatto, nettamente preferibile a quello italiano) al livello di semplice vicenda in odore di autobiografismo, essendo Coppola figlio di un direttore d’orchestra - peraltro molto meno famoso dell’immaginario Carlo interpretato con fare sornione dall’ottimo Klaus Maria Brandauer. Ma comunque una tale lettura, su cui molte interpretazioni critiche hanno insistito, centra sicuramente il doppio binario sul quale il film, costruito attraverso una serie di dicotomie e sovrapposizioni, costantemente corre, ovvero quello del dramma familiare e dell’arte come cartina di tornasole per raccontare la vita e dare forma a un universo.

L’intera pellicola è quindi finalizzata alla messinscena di una realtà fittizia dove l’arte si fa veicolo di comunicazione e rivelazione delle dinamiche interpersonali e dei sentimenti celati nell’animo dei personaggi. Ciò avviene in modo interno al racconto, quando Tetro punisce se stesso isolandosi e negandosi allo stesso tempo il dono della scrittura (nel quale pure eccelle), oppure quando vediamo il padre usare la musica, suonata sul pianoforte di casa, come veicolo di seduzione per orchestrare quella trama che porterà il figlio a rompere definitivamente con lui. Ma c’è anche un secondo livello, esterno al racconto, attraverso il quale questa dinamica cara a Coppola si realizza, e che diviene pretesto per una riflessione sui linguaggi stessi della narrazione cinematografica, intrecciati e manipolati per creare un sistema di riferimento ad ampio raggio che ci dice della complessità visiva del film. Abbiamo così una prima parte più libera, che sembra rifarsi a certi moduli espressivi delle telenovelas brasiliane e affastella ironia e dramma, che confluisce in una seconda parte più evidentemente drammatica e a un passo dalla tragedia.

In entrambi i casi domina una qualità espressionista dell’immagine, attraverso un bianconero fortemente evocativo che esalta in modo particolare l’idea della rappresentazione scenica, quando i personaggi allestiscono i loro spettacoli che pure danno forma a momenti di snodo importante e, soprattutto nel caso del finale, costituiscono anche un momento di rivelazione e ricapitolazione degli aspetti nodali delle loro vite. Ma anche la realtà esterna al set non manca di creare i suoi elementi su cui far rimbalzare la narrazione: ad esempio il premio letterario sfoggiato dalla critica Alone, riproduce un ghiacciaio che sembra rimandare a quello reale, eppure così evidentemente fittizio, scenico, che Tetro e la sua famiglia costeggiano in auto, mentre si dirigono nella località festivaliera dove si giocherà la partita finale. In questo senso Coppola dimostra di aver metabolizzato la lezione del “fantastico reale” alla base di tanti capolavori del cinema di Powell & Pressbuger, omaggiati esplicitamente nel corso del racconto.

La contrapposizione con i flashback familiari a colori, però, contribuisce a ricondurre gli stilemi dei maestri inglesi nell’alveo dell’autentico cinema coppoliano: il film in questo modo crea infatti una sovrapposizione con Rusty il selvaggio, che il regista americano aveva girato nel 1983. Un’opera fondamentale e pure giocata sul contrasto bianconero/colore per dare vita a una dicotomia fra un presente nel quale i protagonisti risultavano immobilizzati dalle proprie dinamiche e un altrove nel quale fuggire per trovare (forse) la propria liberazione. In Tetro, invece, la contrapposizione investe un raggio d’azione più ampio e mette in relazione un passato a colori dove i sentimenti (negativi) si muovono in maniera evidente fino a portare alla deflagrazione, e un presente basato invece sulla rimozione della verità, incarnata da un coprotagonista (Tetro, appunto) reticente e rassegnato al silenzio.

Il personaggio, interpretato ottimamente da Vincent Gallo, rappresenta così una sorta di Rusty James cresciuto e disilluso (e non a caso la prima scelta di Coppola era proprio quella di Matt Dillon, che aveva interpretato il film del 1983). E’, insomma, un Rusty James inesorabilmente scivolato fino a sovrapporsi al fratello Motorcyble Boy, è fuggito come lui, ma non ha trovato la quadratura della sua vita che invece toccherà al fratello rivelare. D’altronde, nonostante il titolo gli neghi il ruolo da protagonista, è Bennie il vero deus ex machina del film, guida dello spettatore e motore dei principali snodi della storia, fino alla risoluzione finale. E proprio nello scarto che determina lo scivolamento del ruolo di protagonista fra i nuovi Rusty James e Motorcycle Boy (ovvero Bennie e Tetro), il film pulsa di quel lirismo che lo rende estremamente magnetico e magico. Il personale percorso di formazione di Bennie coincide così con la creazione dell’universo che la storia racconta fino allo sbocco finale. E nel raccontare l’ultima parte, come già avvenuto in passato (pensiamo al Padrino parte III), Coppola dà fondo alla sua grandiosità di regista sinfonico, regalando al film la sua scena madre, come si conviene a ogni grande spettacolo.

Segreti di famiglia
(Tetro)
Regia e sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Origine: Usa, 2009
Durata: 127’

Sito ufficiale (in inglese)
Tetro sul sito della BiM
Intervista a Francis Ford Coppola
Trailer originale (HD)
Tetro: sequenza d’apertura

1 commento:

Anonimo ha detto...

"E nel raccontare l’ultima parte, come già avvenuto in passato (pensiamo al Padrino parte III), Coppola dà fondo alla sua grandiosità di regista sinfonico, regalando al film la sua scena madre, come si conviene a ogni grande spettacolo."

Straordinario davvero, dal punto di vista visivo, quel finale.