"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

venerdì 22 maggio 2009

Lupin III: Green vs Red

Lupin III: Green vs Red

L’annuncio di Lupin III di voler rubare il misterioso “cubo di ghiaccio” coincide con la comparsa di numerosi imitatori che emulano l’aspetto del celebre ladro e creano confusione nelle forze di polizia. Fra i tanti si distingue Yasuo, un nuovo Lupin con la “giacca verde”, deciso a rubare il cubo per superare il modello e ottenere così il suo nome e la sua identità: lo scontro con il vero Lupin in giacca rossa diventa quindi inevitabile.

Da molti anni, ormai, l’avventura animata di Lupin III prosegue attraverso i lungometraggi, che sono diventati a tal punto un appuntamento fisso per il pubblico giapponese, da rendere il celebre ladro creato da Monkey Punch una icona popolare, con la quale è possibile identificare un certo sentire comune, che vede gli spettatori uniti nel sognare l’afflato libertario che le innocue avventure in giro per il mondo, alla caccia di favolosi tesori, inevitabilmente riverberano.

Nel 2007 il personaggio ha compiuto 40 anni e per l’occasione è stato creato questo originale OAV (ovvero un lungometraggio per il solo circuito dell’Home Cinema), trasmesso recentemente in Italia dal canale digitale Hiro dopo aver fatto molto parlare di sé a causa dell’interessante presupposto: Lupin in “giacca verde” contrapposto alla versione in “giacca rossa”. I non avvezzi potrebbero non capire la posta in gioco, che, nei fatti, si concretizza in un confronto fra le prime “verdi” versioni animate di Lupin (quelle a cui aveva partecipato anche Hayao Miyazaki), generalmente considerate più cupe e d’autore, e quella invece “rossa” e popolare che ha tenuto banco per gli ultimi trent’anni: un particolare che comunque non va dimenticato è che in origine la giacca era effettivamente rossa e il cambiamento di colore avvenne perché si riteneva il verde più idoneo per la resa espressiva della versione animata. Si è perciò creato un curioso cortocircuito, per il quale la versione “verde”, variazione dell’originale, è generalmente indicata come quella più corrispondente alla specificità particolare di Lupin.

L’avventura animata parte da un presupposto non dissimile, e affronta la perdita d’identità e la necessità di ritrovare il vero nel caos. Lo fa con una regia che sperimenta e si concede un incedere lento, quasi malinconico, decisamente poco commerciale, dove Lupin si concretizza in quanto icona popolare e per questo annulla la propria dimensione umana. Di lui non si sa nulla, né la sua nazionalità né il vero nome, le sue musiche (quelle delle sue avventure animate) sono diffuse da televisioni e altoparlanti e questo lo rende più vicino a una dimensione ideale che alla realtà, ne favorisce una qualità quasi metaforica, quasi extradiegetica, tanto da elevarlo a paradigma di una situazione nazionale che sta cambiando e sta perdendo la propria specificità. Il discorso è articolato secondo due direttive, una puramente teorica e interna al personaggio e alla sua storia, e una invece storico-sociologica che applica lo sbandamento percettivo all’identità del Giappone.

Nel primo caso, quindi, ci troviamo di fronte a numerosi Lupin che, pur ponendosi come emulatori, sono comunque individui in cerca di una identità e che si proteggono a vicenda, tentano di compiere imprese straordinarie, ma anche di non infangare il nome del ladro (quando uno di loro viene arrestato per un banale taccheggio, gli altri lo redarguiscono severamente). I divertenti titoli di testa passano in rassegna alcuni di questi imitatori, i quali altri non sono che le differenti caratterizzazioni animate che il personaggio ha subito nel corso degli anni, attraverso tratti ora più tondeggianti, ora più stilizzati, fino al celeberrimo esperimento in “giacca rosa” della terza serie tv (dove peraltro qualcuno ricorderà una celebre sequenza in cui Lupin sguinzagliava molti cloni, presente anche nel filmato italiano della sigla). A questi si uniscono le emulazioni che hanno pescato dall’immaginario sedimentato dal ladro nel corso degli anni (uno dei cloni ricorda il Nabeshin di Excel Saga, che costituiva proprio un omaggio a Lupin) e una serie di riferimenti espliciti a molte avventure del passato, come il celebre lungometraggio Il castello di Cagliostro. Gioverà anche ricordare che il nome del più tenace fra questi imitatori, Yasuo, richiama sia il primo doppiatore giapponese del personaggio (Yasuo Yamada), che il primo designer che abbia mai lavorato su di lui (Yasuo Otsuka). Il “vero” Lupin (con la nuova e poco esaltante voce italiana di Stefano Onofri che sostituisce il compianto Roberto Del Giudice) per ribadire la propria autenticità, deve quindi superare tutti i possibili emulatori: non essendo infatti dotato di elementi che ne certifichino la sua specificità (dal momento che nome e nazionalità del ladro sono sconosciuti), può esistere soltanto primeggiando e adeguando quindi il proprio essere all’idea generalmente condivisa di Lupin (colui che esce sempre vincitore dalle sfide). Di qui il confronto, che si articola attraverso la dicotomia con Yasuo.

Il concetto è abbastanza chiaro: Lupin è unico, ma anche molteplice e comprende una varietà di uguali che non sono comunque sufficienti a ribadire la sua unicità, poiché egli è un’idea, prima ancora che una persona. Un’idea che affascina e crea emulazione in una generazione in cerca di ideali e modelli: il discorso non è dissimile da quelli spesso evidenziati nelle opere di Hideaki Anno (regista di Neon Genesis Evangelion) e anche qui nasconde una feroce critica al presente.

La seconda direttiva su cui si articola il racconto, dunque, investe direttamente la società giapponese post-11 settembre, che ha abbracciato l’idea della guerra globale e ha perso la propria natura non belligerante per abbracciare un pensiero reazionario (collegato al cubo di ghiaccio). e veleggia verso il caos. Il racconto non manca di esporre questa tesi in maniera esplicita, criticando il nuovo corso del Giappone, e in questo modo ribadisce come Lupin, nel suo incarnare un’ideale di libertà e avventura, si configuri come una sorta di controverso custode del dualismo caro alla società tutta, che non disdegna il confronto anche armato, ma segue le regole. Un’icona in bilico su un delicato equilibrio, che ora sta per rompersi.

L’idea di elevare un’icona senza reale identità a paradigma di una società che l’identità la sta perdendo è la traccia più forte che narrativamente questo special offre al suo pubblico. La tesi si riverbera poi su una messinscena che offre inserti psichedelici e onirici, e un intero passaggio a matita, dove il tratto diventa più grottesco e vicino alle caratterizzazioni del fumetto originale. L’incedere è quindi stimolante tanto più riesce a suscitare interrogativi nel pubblico e a porlo di fronte alla necessità di comprendere il valore di quanto sta guardando e dell’immaginario nel quale si sta specchiando.

Il confronto finale dove la posta in gioco diventa il superamento reciproco per il possesso del nome di Lupin, non diventa quindi soltanto quello fra le due più celebri concezioni del personaggio, ma anche una possibile espiazione che il Giappone stesso deve compiere prima di perdere definitivamente la propria identità e in questo le due anime del racconto (quella critica verso il presente e quella autocelebrativa nei confronti dell’icona e del suo passato) infine si ritrovano, dando forma a un film atipico e intelligente.

Lupin III: Green vs Red
(id.)
Regia: Shigeyuki Miya
Sceneggiatura: Toshimichi Okawa
Origine: Giappone, 2007
Durata: 80’

Pagina del film dal sito ufficiale di Lupin III
Green vs Red su Anime News Network
Sito italiano dedicato a Lupin III
Altro sito dedicato
Forum italiano di Lupin III

1 commento:

Vision ha detto...

davvero un bel post, complimenti!
...e lo dice uno che è un grande fan di Lupin;
ciao e a presto